Jumbo-Visma, Dylan Groenewegen rivela: “Ho ricevuto minacce di morte per me e un cappio per nostro figlio”

Il periodo successivo al grave incidente al Giro di Polonia 2020 è stato difficilissimo per Dylan Groenewegen. Il neerlandese è fermo dalle corse dallo scorso agosto, quando con una sua manovra azzardata in volata ha causato una gravissima caduta del connazionale Fabio Jakobsen (Deceuninck-Quick-Step), finito contro le transenne ad altissima velocità. Il corridore della Jumbo-Visma è stato immediatamente squalificato dalla competizione ed è rimasto fermo in attesa di un verdetto, che ha stabilito il suo stop dall’attività agonistica per nove mesi. Ma l’aspetto sportivo e i sensi di colpa per quanto accaduto sono soltanto alcuni degli aspetti di una vicenda che ha subito i contorni di un incubo per il velocista.

Lo sprinter 27enne infatti ha rivelato dei retroscena da brividi sul periodo appena successivo all’incidente, confidando a Wielerflits di aver ricevuto “minacce di morte così concrete e gravi che abbiamo chiamato la polizia“. La situazione è stata ritenuta talmente grave da convincere le forze dell’ordine a pattugliare la porta per alcune settimane, fino al punto di scortare il corridore: “Quando volevo uscire, c’era un poliziotto al mio fianco così che non potesse succedere nulla”.

Il contenuto delle minacce ha raggiunto vette difficili da descrivere: “Abbiamo ricevuto per posta lettere scritte a mano, a cui è stato aggiunto anche un cappio su cui avremmo potuto appendere il nostro bambino quando sarebbe nato“. Groenewegen è diventato padre del piccolo Mayson circa quattro mesi dopo i fatti narrati. “Quando leggi il messaggio e vedi quel pezzo di corda provi davvero paura” ha candidamente ammesso il neerlandese.

Naturalmente le minacce hanno avuto delle conseguenze nella quotidianità del ciclista: “All’inizio hai davvero paura per te. Abbiamo un allarme in casa, e da allora ho iniziato ad avere i pensieri più folli nella testa. Un paio di volte abbiamo avuto un falso allarme, rischiavo di impazzire. Ricordo che una sera io e mia moglie andammo a cena con i miei genitori. In strada una macchina dietro di noi ha iniziato a fare gli abbaglianti e a guidare a zigzag dietro di noi. Alla fine, ci ha affiancato su una strada in cui non poteva. Ci ha preso il panico. Pochi istanti dopo, ha girato a destra. Non c’era niente di cui preoccuparsi. In quei momenti si iniziano a immaginare cose che non esistono“.

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